Politino: Occorre accelerare l’erogazione degli indennizzi alle imprese.
«Si ascoltino le categorie produttive e commerciali o sarà sempre più reale la prospettiva di vedere vanificato ogni tentativo di risollevare l’economia della nostra regione e, con essa, il benessere di tutta la comunità». Il monito è di Salvo Politino, presidente di Unimpresa Sicilia, che lancia un appello al Governo Nazionale e al Governo Regionale.
«La tutela della salute è una priorità assoluta, ma dopo un anno di emergenza e di restrizioni per le imprese e per l’economia dei territori, cresce più forte il disagio sociale, con la chiusura di migliaia di aziende, la crescita di nuove povertà che rischiano di deprimere ancora di più un’economia già in ginocchio», aggiunge Politino che spiega come le imprese non siano più capaci di ammortizzare la riduzione dei fatturati. Una situazione disastrosa, aggravata dalla mancanza di ordinativi, dall’assenza di liquidità e quindi dall’impossibilità di investire. «Oggi nessuno conosce realmente a fondo i dati che hanno determinato la collocazione della Sicilia in zona rossa. E’ necessario ripartire».
A Catania e in Sicilia si é sviluppata una pesante e diffusa crisi, in un contesto di generale recessione internazionale, una crisi senza precedenti: seppure tanta speranza è riposta nel vaccino, ci vorrà tempo e molto ci sarà da fare per attenuare e risolvere le conseguenze economiche e sociali che la pandemia sta provocando alle nostre imprese ed alla nostra economia. Le imprese non resistono più e, sebbene abbiano dimostrato grande forza e resistenza, in assenza di provvedimenti rapidi ed efficaci, di indennizzi rapportati al calo di fatturato, saranno costrette a chiudere per sempre.
«I “Ristori” rappresentano e hanno rappresentato un contributo insufficiente a coprire le perdite di incassi e fatturato registrati dalle imprese – aggiunge Politino -. L’impegno della Regione deve essere volto ad accelerare il più possibile i tempi di erogazione dei contributi, tramite l’Irfis e di supportare le imprese con servizi, iniziative ed interventi che possano contribuire a consolidare la presenza su tutti i mercati per agganciare la ripresa, non appena ve ne saranno le condizioni.
Come Unimpresa – Assoesercenti non possiamo che continuare a sostenere gli imprenditori, fornendo tutto il supporto per creare, far crescere e tutelare le proprie attività – conclude il Presidente Politino».
Report: alcuni dati della crisi.
A Catania e provincia, secondo i dati di Unioncamere – Infocamere si sono registrate 4.583 cessazioni al Registro delle imprese nel 2020.
Sul territorio catanese le imprese registrate sono complessivamente 104.236. Neanche a dirlo, il settore più sofferente è quello del commercio, penalizzato dalle restrizioni imposte per contrastare la diffusione del Covid, che ha registrato 1.485 cessazioni con una percentuale di oltre il 32% sul totale delle chiusure. Sono 320 le imprese del settore turismo, di cui 301 della ristorazione, che hanno chiuso i battenti nel 2020. Anche il comparto dell’artigianato ha visto 1.142 imprese chiudere per sempre, con una percentuale del 25% sul totale cessazioni. Sono 312 le chiusure che hanno invece riguardato le attività manifatturiere. Dati che confermano l’erosione del tessuto imprenditoriale locale dovuta all’emergenza sanitaria, che si è trasformata a tutti gli effetti anche in emergenza economico-sociale.
Il tessuto imprenditoriale catanese è paralizzato dall’incertezza perché l’andamento della pandemia non permette di programmare il futuro. Da un lato gli imprenditori non possono scommettere su nuove aperture e su nuove attività, dall’altro non hanno garanzie e certezze sulla durata dei provvedimenti istituzionali, in tema di lavoro e dei Ristori messi in campo dai Governi Nazionale e Regionale.
Per stabilire l’entità degli effetti prodotti nel 2020 dalla crisi pandemica sul tessuto imprenditoriale, però, sarà necessario attendere le risultanze del primo trimestre del 2021. Per ora, a livello di forma giuridica, si evidenziano 3.632 cessazioni di imprese individuali con una percentuale del 79% sul totale cessazioni; 552 cessazioni di società di capitali con una percentuale del 12% sul totale cessazioni; 262 cessazioni di società di persone con una percentuale del 5,7% sul totale cessazioni e 137 cessazioni di altre forme giuridiche.